Risguardo di copertina
cos'è il carcere? la forma architettonica del male. il carcere è un muro, e "il muro è il più spaventoso strumento di violenza esistente. non si è mai evoluto, perché è nato già perfetto". tutti i giorni, all'ora d'aria, puoi arrivare a toccarlo col naso "per guardarlo così da vicino da non vederlo più. e il muro non è fatto per agire sul tuo corpo; se non lo tocchi tu, lui non ti tocca. non è una cosa che fa male, è un'idea che fa male". sandro bonvissuto ha un'attitudine da speleologo dell'esistenza. che parli della pena di vivere in galera, della scoperta di quella cosa gigantesca che è l'altro da sé, o di un bambino che impara a correre il rischio di cadere, i suoi pensieri si mescolano sempre a percezioni scandagliate, felicità assaporate, umiliazioni patite, declinazioni del sentimento dell'esistere restituite con la naturalezza e la potenza dell'acqua che scava in profondità. così, la felicità frastornante che dà l'amicizia può sprigionarsi da tre semplici lettere ("aveva detto 'noi'. e mi sembrò fosse la prima volta che risuonasse quel pronome nell'aria, riferito anche a me. noi, detto così, ti faceva essere addirittura la metà di una cosa plurale"). l'infanzia che non conosce la dittatura del tempo ("lo sanno tutti che bambini e orologi sono due cose incompatibili"), che è insofferente agli spazi chiusi ("perché l'infanzia non ha case, l'infanzia ha strade"), è "davvero l'unico momento nel quale siamo stati un altro".