Risguardo di copertina
il 5 agosto 1943, a pochi giorni dall'arresto di mussolini, i giornali pubblicano una notizia sensazionale: il governo badoglio ha istituito una commissione con il compito d'indagare sulle fortune accumulate dai gerarchi nel corso del ventennio, i cosiddetti illeciti arricchimenti del fascismo. il duce e i capi del regime, un tempo intoccabili, finiscono in prima pagina, dati in pasto a un'opinione pubblica che fino al giorno prima li aveva temuti, odiati, riveriti, spesso invidiati. chi sono e quanto hanno «rubato»? e lo stato è voluto veramente andare fino in fondo o ha chiuso un occhio, consentendo ai più di farla franca? infine, quanto è tornato nelle tasche degli italiani? quello che l'inchiesta scoperchia è un autentico verminaio. una storia di corruzione e concussione, di tangenti e appalti, di capitali che trovano riparo all'estero, di raccomandazioni; un intreccio perverso tra politica e affari alla faccia del rigore e dell'onestà tanto proclamati dalla propaganda fascista. è una storia anche grottesca, fatta di fughe rocambolesche, di rotoli di banconote nascosti nell'acqua degli sciacquoni, di tesori sotterrati in giardino; e verbali di sequestro così scrupolosi da non crederci: favolosi patrimoni in ville e palazzi, pellicce, arazzi, gioielli, fino al numero di posate in argento, all'ultima pantofola, calza e mutanda del gerarca inquisito. alla ribalta salgono nomi eccellenti: si scopre per esempio che alessandro pavolini, ministro del minculpop, gran signore del cinema di regime, è pronto a tutto, anche a cambiare le leggi, pur di far felice l'amante, l'attrice e icona sexy doris duranti; che l'integerrimo roberto farinacci, l'ideologo della purezza fascista, ha accumulato un patrimonio di centinaia di milioni, niente male per un ex ferroviere diventato avvocato copiando la tesi di laurea; o, ancora, che edmondo rossoni, ex leader sindacale «la migliore forchetta del regime» e non solo perché usa pasteggiare con posate d'oro si è costruito nel ferrarese un vero e proprio impero immobiliare. c'è poi mussolini e i suoi «affari di famiglia», con gli intrallazzi di galeazzo e edda ciano, l'avidità di donna rachele e la rapacità del clan petacci.