Risguardo di copertina
il calcio, come la musica, come le arti in genere, è uno specchio, e non dei più marginali, della società, dei suoi cambiamenti, delle sue trasformazioni, della sua evoluzione o involuzione. massimo fini e giancarlo padovan lo affrontano da questo particolare punto di vista. c'è un'enorme differenza fra come si intendeva il calcio, sia in senso tecnico che, soprattutto, sociale, nei più semplici e naïf anni sessanta e come lo si vive oggi che sul campo hanno fatto irruzione l'economia e la tecnologia (televisione, moviola, var), le divinità dominanti della nostra società a cui tutto, a cominciare dall'uomo, viene dato in sacrificio. in "storia reazionaria del calcio" fini prosegue quindi, coadiuvato in questo caso da giancarlo padovan, giornalista sportivo, il suo filone antimodernista ed è perciò un completamento della "modernità di un antimoderno" pubblicato da marsilio nel 2016. naturalmente questo discorso sostanzialmente filosofico passa qui, vista la materia che i due autori si sono scelti, anche per il racconto di partite, di gol, di azioni spettacolari, di giocatori, di uomini, di emozioni e di sentimenti, vissuti sul campo e fuori dal campo. il libro dovrebbe appagare quindi anche le curiosità e le rivalità, che del calcio sono l'anima, dei tifosi oltre che di coloro che lo guardano da più lontano. si tratta insomma di un libro per tutti e non solo per addetti ai lavori. postfazione di antonio padellaro.