Risguardo di copertina
il referendum su brexit, l'elezione di donald trump, l'ascesa dei movimenti populisti in europa e in italia. istituzioni e meccanismi che hanno regolato la politica e il dibattito pubblico per decenni sembrano sempre più pericolanti, se non già in macerie. cosa è successo? e cosa ci aspetta? francis fukuyama ha scritto il libro che forse con maggiore chiarezza e autorevolezza ha fatto il punto sulla fine del novecento e sul trionfo del modello capitalistico e democratico: «la fine della storia e l'ultimo uomo». oggi torna con una diagnosi che completa quel quadro e spiega come mai improvvisamente quell'ordine sembra così in crisi all'alba del nuovo millennio. utilizzando concetti di grande tradizione filosofica e calandoli nei più attuali scenari sociopolitici, fukuyama è in grado di mettere in fila una serie di fenomeni che sembrano scollegati e fornire una chiave di lettura del nostro presente: da dove viene la forza apparentemente invincibile del populismo? è davvero un fenomeno solo negativo? perché i social media sono pieni di odio e aggressività? come mai le classi sociali meno abbienti sembrano ormai del tutto disinteressate a politiche di sinistra? come convivono nelle nostre società movimenti sempre più avanzati di difesa dei diritti delle minoranze e pulsioni autoritarie? le risposte di fukuyama a queste domande indicano una strada da percorrere, al di là della condanna degli estremismi o delle lamentazioni sulla decadenza della politica. e al centro di tutto c'è l'identità, il bisogno di vedersi riconosciuta la propria identità – un bisogno che può portare a affidarsi a tradizioni inventate, nazionalismi di ritorno, leader carismatici e populisti: «l'affermarsi della politica identitaria è una delle maggiori minacce che le democrazie si trovano ad affrontare e se non riusciremo a ritornare a visioni più universali della dignità umana, ci condanneremo a un conflitto senza fine». un libro fondamentale per capire il presente e immaginare il futuro. con e-book scaricabile fino al 30 giugno 2019.
Risguardo di copertina
el 1989, sull'onda di clamorosi eventi quali la caduta del muro di berlino e il crollo del cosiddetto "socialismo reale", francis fukuyama enunciò la tesi apparentemente paradossale, e destinata a diventare celebre, della "fine della storia". in sintesi, poiché ogni tentativo di trovare un'alternativa politica alla democrazia liberale era fallito, il processo storico poteva dirsi concluso. dieci anni più tardi, rivisitando criticamente il proprio assunto, l'economista americano, dopo aver riconosciuto al progresso scientifico il ruolo di forza trainante dello sviluppo sociale, giunse a una conclusione diversa: finché vi sarà scienza, non potrà esserci storia. oggi, infatti, alla luce delle più recenti scoperte della biologia e della genetica, fukuyama si chiede quanto la capacità di modificare il comportamento umano possa influire sulla struttura e sul funzionamento del modello liberal-democratico. in questo libro, per meglio definire i termini dell'attuale dibattito sull'argomento, l'autore ricostruisce la storia del concetto di natura umana: da platone e aristotele, secondo i quali l'agire dell'uomo è regolato dai principi di una morale naturale, fino agli utopisti e alle dittature contemporanee, che , per motivi ideologici, hanno tentato di rifondare l'identità dell'essere umano senza tener conto delle motivazioni e della aspirazioni che lo caratterizzano come specie. se la rivoluzione biotecnologia raggiungesse l'obiettivo di intervenire sulla "linea genetica" degli individui, manipolandone il dna, accanto a indubbi benefici in termini di prevenzione di malattie o anomalie di carattere ereditario, potremmo doverci confrontare con imprevedibili e indesiderate alterazioni della personalità umana, che avrebbero fatali ricadute sul piano etico, politico e sociale. da qui, sostiene fukuyama, la necessità di provvedere a una regolamentazione della ricerca in questo settore, compito che non può essere svolto dagli scienziati stessi. solo la teologia, la filosofia o la politica possono stabilire - o valutare - le finalità della scienza e della tecnologia che ne deriva. "l'uomo oltre l'uomo" rappresenta il riuscito tentativo da parte di uno dei più stimati studiosi americani, di prefigurare un ventaglio di possibili scenari aperti all'impatto che l'evoluzione della ricerca scientifica avrà sul fondamento teorico della democrazia liberale: la convinzione che tutti gli uomini sono, per natura, uguali.