COLAZIONE A PECHINO
Genere: VIAGGI REPORTAGES
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
la cina fa innamorare, ma si può anche odiarla. molto più difficile cercare di capirla. siegmund ginzberg quella cina l'ha vissuta, intensamente. dopo averla ripensata e rimuginata a lungo, ha deciso che valeva la pena di raccontarla. con un filo conduttore sorprendente: la cucina. perché tutti siamo quello che mangiamo. ma i cinesi forse lo sono un po' più degli altri. " 'ti sei resa conto del pericolo che correvi? non hai pensato che ti ascoltassero? rivelavi un segreto di stato a un giornalista straniero. c'è chi anche per meno è finito nei campi di lavoro, o è stato fucilato.' lei non si era scomposta. il sorriso era sfociato in una risata: 'sì, i telefoni sono sorvegliati, questo lo sanno tutti. ma non in quel momento. ti ricordi a che ora ti ho telefonato? era mezzogiorno. sono tutti a mangiare'. è comico: il più possente apparato di sicurezza al mondo che si blocca perché è ora di pranzo. il comunismo è uno stato di polizia dove tutti mangiano alla stessa ora." perché la cina è fatta così. così era la cina degli anni ottanta del secolo scorso, quando siegmund ginzberg era corrispondente a pechino. così è la cina di oggi. ma così era anche la cina di millenni fa. e probabilmente sarà la cina di domani. la cina è la sua cucina, è come e quando si mangia. è una cucina che varia quanto variano le cucine d'europa. come variano i dialetti che là si parlano. solo due cose uniscono i cinesi, da un capo all'altro del regno di mezzo: la lingua scritta e l'ora in cui si impugnano le bacchette. tutto cambia, ma certe cose non cambiano. il partito di xi jinping resta il più grande partito clandestino al mondo. esattamente come era segreta e proibita la cina di mao o quella degli imperatori. ginzberg è stato corrispondente da pechino per sette anni, dal 1980 al 1987, e questo è il suo racconto personale di quel che era, di quel che è cambiato, e soprattutto di quel che resta immutato.
RACCONTI CONTAGIOSI
Genere: LETTERATURA
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
uscita dal lockdown, la signora dalloway di virginia woolf è presa da una voglia insopprimibile di shopping. i frati che dovevano avvertire il romeo di shakespeare che la morte di giulietta è finta sono trattenuti per quarantena in casa di appestati. il cardinale borromeo di manzoni aveva inventato la messa cantata dai balconi. la fantascienza aveva anticipato virus che si comportano anche più perfidamente del corona. pesti, epidemie, contagi ce li raccontiamo da sempre. probabilmente da millenni prima che si cominciasse a scriverne. i racconti si somigliano. e soprattutto somigliano in modo impressionante alle cronache dei nostri giorni. ci sono molte sorprese nelle strade dell'immaginario che siegmund ginzberg ripercorre con un occhio all'attualità. talvolta la fantasia l'azzecca più della scienza. i cronisti antichi più dei contemporanei. boccaccio copia tucidide, lucrezio e ovidio, london aveva copiato l'idea della "morte scarlatta" da poe e del superstite narratore da mary shelley. camus usa la peste inventata per parlare dell'invasione nazista. il male non viene chiamato allo stesso modo. non sappiamo nemmeno se si tratti delle stesse malattie, se il loimós di atene di tucidide fosse peste, o tifo, o intossicazione da cereali contaminati, se la peste di metà 1300 di boccaccio fosse la stessa peste bubbonica di metà 1600 dei promessi sposi. a un secolo di distanza sappiamo poco della spagnola. e non abbastanza del covid. c'è qualcosa di profondamente umano che accomuna tutte le narrazioni: la paura, l'orrore, la ricerca del colpevole, le fake news e i rimedi bislacchi, ma talvolta efficaci. per un paio di secoli dopo il decamerone i testi medici indicavano il raccontarsi storie e lo stare allegri come profilassi specifica e contro il contagio.
SINDROME 1933
Genere: STORIA
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
la campagna elettorale permanente, un partito che non è di destra né di sinistra ma "del popolo", un improbabile contratto di governo, la voce grossa che mette a tacere i giornali, l'odio che penetra nel discorso pubblico, le accuse ai tecnici infidi, il debito, la gestione demagogica e irresponsabile delle finanze. sono le analogie che minacciano il presente e rischiano di farlo somigliare pericolosamente a un passato che credevamo di esserci lasciati alle spalle. quando hitler nel 1933 divenne cancelliere del reich, i cittadini tedeschi cominciarono a seguire incantati il pifferaio che li portava nel burrone. la cosa più strana, ma niente affatto inspiegabile, è che avrebbero continuato a credere religiosamente in lui anche dopo che erano già precipitati. "i nazisti," scrive ginzberg, "non erano bravi solo in fatto di propaganda. toccavano tasti cui la gente era sensibile, blandivano interessi reali e diffusi (non solo gli interessi del grande capitale, come voleva la vulgata). a elargizioni concrete corrispondeva un consenso reale, crescente e formidabile. la cosa che più impressiona è come siano riusciti a trovare consenso anche sui comportamenti più atroci e disumani del regime." le analogie superficiali possono portare fuori strada. eppure non possiamo farne a meno. la mente umana funziona per analogie. le analogie si sono sempre rivelate uno strumento potentissimo per capire e distinguere, cioè l'esatto contrario del fare di ogni erba un fascio.