IL CAPITALE AMOROSO
Genere: SOCIOLOGIA
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
mentre il nostro immaginario è infarcito di amore - una versione romantica e fasulla, veicolata da romanzi, film e pubblicità -, la nostra società si comporta come un amante dal cuore spezzato: è cinica e sprezzante nei confronti dell'amore, considerato un sentimento stupido, inutile o noioso, una fantasia per adolescenti, un ripiego per chi non sa stare solo, un lusso per pochi. questa contronarrazione è il frutto pericoloso dell'individualismo capitalista, un sistema che mentre stigmatizza la solitudine e colpevolizza chi la vive come indegno d'amore, ci vuole sempre più soli, divisi e in competizione fra noi. concentrati su noi stessi, ci vediamo rubare il tempo che potremmo usare per coltivare le relazioni con gli altri, amore compreso. ma il rimedio a questa crisi dell'amore esiste. nell'epoca in cui le relazioni si basano sullo scambio, sull'utilità, sulla convenienza, sulla compatibilità, lasciare spazio invece a un amore incondizionato e libero, capace di passare dal singolo alla comunità, può essere una delle azioni più antisistema, rivoluzionarie e coraggiose che possiamo fare per cambiare la nostra società: un vero atto di resistenza in questi tempi sempre più divisi.
IL CORPO ELETTRICO
Genere: SOCIOLOGIA
Formato: MP3
Livello di lettura: SECONDO LIVELLO
Risguardo di copertina
«canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell'anima». così walt whitman racconta il corpo umano in "foglie d'erba": inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell'universo. oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione. in "il corpo elettrico" jennifer guerra traccia un percorso che parte dall'autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l'autocoscienza che passa dal desiderio e la sorellanza, attraverso l'educazione sessuale e l'inclusione delle persone trans e non binarie. al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il soggetto da cui dovremmo ripartire, l'unico bene che nessuno può toglierci.
IL FEMMINISMO NON E' UN BRAND
Genere: SOCIOLOGIA
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
negli ultimi dieci anni il femminismo è tornato a essere un fenomeno di massa, colorando di rosa i simboli dell’emancipazione femminile e delle nobili cause a essa associate. spesso però sotto questo colore si nascondono operazioni opache. un femminismo addomesticato, affine agli interessi di politici e aziende, è davvero femminismo? ma soprattutto questa versione mainstream è una variante del femminismo o una strategia del capitalismo?oggi a un’adolescente basta aprire instagram per imbattersi in riflessioni femministe (o pseudofemministe), risparmiandosi la necessità di unirsi a un collettivo o a un gruppo di autocoscienza. brand di abbigliamento si improvvisano femministi e producono magliette in serie con frasi inneggianti al girl power. pagine social e piattaforme digitali graficamente accurate alternano post o storie motivazionali a inserzioni pubblicitarie. innumerevoli servizi immateriali propongono corsi sull’empowerment, sulla valorizzazione femminile, su come rendere più women friendly il proprio business. inoltre l’ossessione recente per le celebrity femministe promuove l’idea che un certo tipo di femminismo sia da mettere in soffitta per fare spazio a un femminismo nuovo, egemonico, che nasconde sotto il tappeto i pensieri più radicali e si fa portatore di valori positivi, anche se profondamente contraddittori. come scrive jennifer guerra in questo saggio acuto, la recente riemersione del soggetto politico femminista in un paradigma economico che non si fa scrupoli a capitalizzare i temi sociali in nome del profitto ci pone di fronte a delle sfide nuove. il primo nodo da sciogliere è se le aziende e i marchi si meritino il «patentino» del femminismo e il secondo, forse più impegnativo da sbrogliare, riguarda l’influenza che la nuova postura della brand identity esercita sulla pratica femminista. per tentare di dare una risposta a queste domande, è necessario capire come si è arrivati a questo punto.
LA FABBRICA DI BOTTONI. NON COMMETTERE ATTI IMPURI
Genere: ROMANZO
Formato: DAISY
Livello di lettura: PRIMO LIVELLO
Risguardo di copertina
padova, 1967. quando carla lascia il paese per lavorare in città come segretaria alla fabbrica di bottoni zedapa, ha poco più di vent’anni ma le idee molto confuse su cosa si deve fare con i maschi e soprattutto col proprio corpo. di fidanzati o "tosati", come dicono dalle sue parti, non ne ha ancora avuti. insomma, è una ragazza perbene che non ha mai messo in discussione l’educazione cattolica ricevuta dalla famiglia. l’impatto con padova, dove l’attende una routine di turni e rigide regole, e poche relazioni se non con le colleghe dell’ufficio, non è lo scossone che si aspettava. finché un giorno, per strada, le allungano un volantino con una domanda che la spiazza: “conosci il tuo corpo?”. è l’invito a unirsi a un gruppo di autocoscienza per ragazze. intimorita e insieme curiosa – e la curiosità, le hanno insegnato, è sempre peccato – carla prende coraggio e decide di partecipare, unica ragazza di campagna in mezzo a tante studentesse. così, seduta a terra in cerchio tra di loro, con uno specchio in mezzo alle gambe, imparerà che per scoprire chi è davvero deve avere la forza di mettere da parte tutto ciò che le è stato imposto e osservare i propri desideri. in una storia intima e perfettamente congegnata, jennifer guerra si appropria del sesto comandamento, “non commettere atti impuri”, per raccontarci una piccola, personalissima rivoluzione, alle soglie della nascita del movimento femminista in italia.