Risguardo di copertina
ben prima dell'11 settembre e delle guerre in afghanistan e in iraq, "gli ultimi giorni dell'impero americano" di chalmers johnson aveva previsto i contraccolpi della politica estera di washington. con "le lacrime dell'impero" lo studioso esamina il ruolo dell'apparato militare-industriale e le conseguenze del suo enorme potere sul nuovo ordine mondiale e sulla democrazia americana. dopo la seconda guerra mondiale gli stati uniti si erano proclamati eredi del declinante impero britannico. hanno sempre negato qualunque tentazione imperialista, presentando la propria politica estera come la necessaria reazione all'impero del male sovietico. dopo il dissolvimento dell'urss, gli stati uniti sono stati descritti come "l'ultima superpotenza", poi come "lo sceriffo riluttante" dell'ordine internazionale e "nazione indispensabile"; infine, dopo il crollo delle due torri, come "la nuova roma". queste successive etichette nascondono in realtà un profondo cambiamento degli stati uniti e del modo in cui gli americani percepiscono sé stessi. rifacendosi ai moniti contro il militarismo di george washington e dwight eisenhower, johnson ricostruisce l'espansione del sistema militare americano in patria e all'estero, con oltre 700 basi nel mondo, l'impressionante rete di servizi che lo sostiene, la crescita delle "forze speciali", l'infiltrarsi dei professionisti della guerra a tutti i livelli dell'amministrazione, il dilagare dei 'segreti militari', la discutibile gestione dei budget per le spese militari. è una trasformazione profonda, che sta cambiando la natura dell'identità americana e che rischia di porre termine all'era della globalizzazione, conducendo l'impero del bene verso la bancarotta economica e politica. e i contraccolpi di una politica ispirata al militarismo saranno ancora più violenti e terribili.