Risguardo di copertina
per john chatterton e richie kohler perlustrare il fondo dell'oceano non era solo un'attività sportiva ma anche un modo per raggiungere e superare ogni volta il limite delle capacità umane in condizioni in cui è altissimo il rischio di perdere il controllo, di cadere preda di allucinazioni, di trasformare gesti banali in errori mortali. la scoperta, nell'autunno del 1991, di un u-boot tedesco nei fondali a sessanta miglia dalle coste del new jersey rappresentava però una sfida cui neppure loro erano preparati. immergersi a settanta metri di profondità, in un punto in cui le correnti sono fortissime e gelide, è un'impresa pericolosa anche per sommozzatori esperti. inoltre esplorare il relitto di un sommergibile significa penetrare in spazi estremamente angusti, attraversare un labirinto di cavi e tubi in cui è facile restare impigliati, rimanere avvolti dall'oscurità più totale per il mulinare dei sedimenti smossi. nonostante le difficoltà, chatterton e kohler decisero ugualmente di tentare la sorte e riportarono in superficie qualche oggetto, anche se nessuno recava un numero di serie utile a identificare l'u-boot. i registri navali americani e tedeschi della seconda guerra mondiale concordavano su un fatto: non c'era alcun u-boot nel punto indicato da quelle coordinate. eppure era lì. per sei anni chatterton, kohler e altri compagni tornarono a immergersi, si inoltrarono sempre di più nel relitto. tre di loro non sopravvissero per vedere il mistero svelato. i due protagonisti, dapprima rivali, poi uniti nella comune ossessione, infine legati da un'amicizia fraterna, riuscirono a dare un nome all'u-boot e un volto ai cinquantasei marinai tedeschi sepolti tra le sue lamiere. in una ricostruzione serrata e coinvolgente, robert kurson ci fa rivivere le emozioni estreme del mondo sommerso e racconta un'avventura straordinaria che ha riscritto una pagina della storia.