Risguardo di copertina
da un divano nel profondo veneto, sul quale si accorge di non avere un posto né in questa vita né nell’altra – nessuno, in famiglia, ha pensato a prenotare un loculo –, la protagonista di questo romanzo, ginevra, si alza per raccontare tutti coloro che invece a un posto per l’altra vita ci hanno pensato: professionisti del settore come taffo funeral services, una tanatoesteta, architetti che progettano non solo oggetti ma il fine ultimo degli oggetti, e poi poeti, scrittori, cantanti, passanti. tutti sono accomunati – tutti noi lo siamo – dall’esperienza della morte (degli altri) che sempre dolorosamente rimanda all’allegria di trovarsi vivi. in mezzo a questi incontri c’è il quotidiano di ginevra, il suo lavoro di affittacamere nell’umidissima e amatissima venezia non più a turisti ma a pellegrini 2.0, il sogno di un gatto che cade dal terrazzo e torna volando con una lettera del nonno (morto), l’orizzonte del mutuo e la conseguente possibilità di avere una casa tutta per sé; ci sono gli amici e la palestra, i luoghi comuni sfatati e i pregiudizi confermati, c’è il diventare adulti e – se tutto va bene – vedere la vecchiaia. ginevra lamberti – omonima del suo personaggio – racconta, piange, sorride e canta che solo i vivi muoiono, che “morto” è aggettivo di una cosa viva e quindi tanto vale cominciare a sentirsi vivi da adesso. cominciare a sentirsi vivi prima del “giorno in cui”.