Risguardo di copertina
il palazzo d'inverno di pechino era luogo di meraviglie e splendore. l'imperatore della cina, che deteneva il potere più alto, era prigioniero del suo palazzo, proprio in virtù di quel potere. anche la maternità è un palazzo d'inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. per secoli è stato l'unico potere concesso alle donne, e oggi torna a essere prospettato come il più importante: l'irrinunciabile, anzi. lo ribadiscono televisione, giornali, libri, pubblicità, blog. alle donne, in nome del nuovo culto della natura, si chiede di allattare per anni e di dedicare ogni istante del proprio tempo ai figli: si dice loro che tornando a chiudersi in casa, facendo il sapone da sole e lasciando libero il proprio posto di lavoro salveranno il paese, e forse il mondo, da una crisi economica devastante. oppure, se proprio vogliono lavorare, devono diventare "mamme acrobate" in grado non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma di farlo con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta, magari per raccontarsi su blog che sono il territorio di caccia preferito per tutte le aziende che producono passeggini e detersivi. nell'italia dove il mito del materno è potentissimo per le madri si fa assai poco sul piano delle leggi, dei servizi, del welfare, dell'occupazione, dell'immaginario. ma invece di unirsi, le donne si spaccano: le fautrici dei pannolini lavabili contro le "madri al mojito", madri totalizzanti contro le madri dai mille impegni, femminismi contro femminismi.
Risguardo di copertina
li chiamano delitti passionali, raptus, incidenti. chi li ha compiuti racconta che ha perso la testa, che è stato un attimo, che amava la donna che ha ucciso. non è vero. il numero di donne uccise dagli uomini ogni anno in questo paese parla chiaro: per quanto si cerchi ancora di rubricarli come casi singoli di follia circoscritta, i femminicidi appaiono sempre più chiaramente come un fenomeno culturale. in questo processo di minimizzazione le parole che usiamo per raccontare gli uomini, le donne e le loro relazioni hanno un peso enorme e ancora troppo poco considerato da chi pratica la parola pubblica e ha la responsabilità di renderne conto. così negli ultimi anni è accaduto che si siano mobilitate associazioni contro la pubblicità sessista, che le donne si siano organizzate anche in piazza per chiedere maggiore rispetto dalle istituzioni e che si sia alzata la voce per pretendere maggiori investimenti verso i centri di accoglienza e supporto contro la violenza. ma in questo moto evidente di sensibilizzazione è accaduto anche che i professionisti della parola – giornalisti e giornaliste, professionisti televisivi e opinionisti a tutti i livelli mediatici – poche volte abbiano sentito altrettanto forte il desiderio di riflettere sul linguaggio che racconta la relazione tra i sessi e sulle sue conseguenze. questo libro vuole smontare i luoghi comuni più pervicaci a proposito del femminicidio. partire dalle parole per rileggere e decostruire l’immaginario. perché le parole cambino e magari cambino, soprattutto, i fatti.