Risguardo di copertina
succede di notte. una notte di inizio marzo del 1953. il fruscio della puntina scava il solco di un disco che gira a vuoto. si direbbe che l'uomo riverso sul divano sia addormentato se non fosse per la mano inerte, protesa verso il pavimento quasi a cercare un appoggio. nella dacia di kuntsevo, una manciata di chilometri da mosca, dentro un bosco di querce e pini, aceri e betulle, tutto è silenzio ormai. la neve cade senza tregua, copre ogni rumore, tranne quell'insistente strofinio sulla gommalacca del 78 giri, edizioni mélodyia, ascoltato così tante notti, e anche quell'ultima. mozart, chissà per quali vie segrete, era riuscito a giungere nella zona oscura dell'anima di iosif vissarionovic džugašvili, in arte stalin, fino a strappargli delle lacrime. ma a turbarlo non era soltanto la musica. era chi la eseguiva: la pianista marija judina. poco nota in occidente perché osteggiata dal regime sovietico per la religiosità estrema e la spregiudicatezza intellettuale, marija judina è stata una delle grandi figure del pianismo russo del novecento. intrecciando documentazione storica e libertà narrativa, questo libro racconta la storia di una donna appassionata e ribelle, una «monaca» in scarpe da ginnastica innamorata di dio e di bach, paladina di tutte le avanguardie. leggendari il suo scontro con stalin, che pur tenendola a distanza ne apprezzava il talento geniale, e i suoi incontri con poeti e musicisti scomodi. il ritratto di un'artista eccentrica, protagonista di tempi roventi.