Risguardo di copertina
e facile e rassicurante seguire i luoghi comuni. tutto è più semplice, già interpretato, pronto all'uso. tutto diventa ovvio, anche dare per scontato che la cecità sia una malattia totalmente invalidante. un male oscuro che impedisce di realizzarsi nella vita, nel lavoro e negli affetti. questo libro chiede a chi la pensa così - vedenti e non - di cambiare logica, di provare a risalire la corrente del pregiudizio. di lasciarsi guidare dai racconti numerosi e diversissimi - dei ciechi che ce l'hanno fatta. dall'avvocato di grido alla cantante famosa, dall'abile artigiano all'esperta informatica, dal campione di sci allo scultore affermato, ognuno svelerà piccole e grandi strategie che portano al successo, ma soprattutto al superamento degli ostacoli dovuti non solo alla cecità, ma anche alla cultura corrente. "il cieco che mi sta di fronte forse mi vede. mi sente, mi avverte, mi capisce, più di quanto io faccia nei suoi confronti", scrive acutamente giuseppe de rita nella sua prefazione. da questo ribaltamento di prospettiva hanno origine le riflessioni che percorrono il libro. ne risulta un'analisi disincantata, ma carica di significati e di vere e proprie sorprese, del rapporto fra vedenti e ciechi.
Risguardo di copertina
tentare di immaginare come potrebbe essere una vita al buio non è facile. provare a tenere gli occhi chiusi per qualche minuto, oppure per qualche ora, non basta: essere ciechi è cosa diversa da non vedere.avere davanti qualcuno che non ci vede, parlarci, ci turba. immersi come siamo nella cultura dell’immagine, dover interagire con qualcuno che non coglie la nostra apparenza ci spiazza, ci disorienta, ci fa sentire come se dovessimo, il più in fretta possibile, colmare una lacuna, ridurre una distanza, le stesse che noi creiamo e percepiamo.questo libro è scritto da un cieco e parla di cecità. è probabilmente l’unico modo di spiegare ai vedenti come comportarsi con chi non lo è: come risparmiarsi inutili imbarazzi, superare pregiudizi (soprattutto quelli che siamo certi di non avere), instaurare relazioni alla pari.il migliore approccio alla diversità qualunque sia la sua natura è quello di riconoscerla in quanto tale, considerandola una risorsa, un segno che non uniforma agli slogan politicamente corretti («siamo tutti uguali») né agli stereotipi dispregiativi («gli sfortunati handicappati»).vivere al buio è un sussidiario, un galateo a uso e consumo dei vedenti: perché vivano, lavorino, si rapportino con i ciechi senza ansie e paure, senza confinarli in quel recinto delle particolarità che rende fittizia e forzata la relazione umana che per sua natura deve essere reciproca, diretta, empatica e libera