Risguardo di copertina
il 19 luglio, però, la guerra, quella vera, giunge improvvisa e devastante nella capitale, a san lorenzo. niente può essere più come prima, né per i grandi, né per i bambini. nessuno può dirsi immortale. lo sventurato patriottismo degli italiani si volta in paura. la fame, le bombe, la miseria, l’occupazione nazista, gli sfollamenti, diventano per tutti la vita di ogni giorno. anche per francesco, adesso, il sangue limpido dell’infanzia comincia a mescolarsi con quello marcio della storia.
Risguardo di copertina
la narrativa di ferruccio parazzoli, di cui è giusto ricordare il più recente impegnatissimo, 1994. la nudità e la spada, il romanzo “apocalittico” che rimosse due anni fa le acque di una produzione stagnante, povera di ragioni ideali e costruttive, ha il carattere, tutto suo, di un procedimento inconfondibile tra gusto e senso di un reale al livello cronachistico, e l’impennata, il latente traslato simbolico. su questi due fili paralleli e alla fine convergenti, parazzoli gioca la sua difficile partita, con tale impegno vitalmente scontato che un romanzo progettato nel futuribile, quello citato, vi assumeva il tono di un mero profetiamo. diverso ma non troppo, almeno nei moventi, questo libro d’oggi, “il barista è sempre pallido”, un gruppo di racconti di anni recenti, che ci porta in via diretta al territorio soggiacente all’impegno romanzesco; sempre con quel calcolo tra leggerezza e sarcasmo, tra gli assurdi di una realtà umiliata, sofferta, e il supporto iperreale e surreale, da generare un senso traslucido che fa passare da un racconto al’altro quasi alla ricerca di un filo imprendibile, sempre a portata di mano. parazzoli dà volutamente anche nel linguaggio l’affabulazione di un trapunto cechoviano, ma il grigiore è soppresso al culmine, dal guizzo della luce, appunto imprendibile. la temperie è quella dell’immedesimazione o, meglio, della carità, e il panorama è un tappeto di esistenze a cui un’ipotesi di riscatto si pone come dal fondo di un pozzo.