Risguardo di copertina
culla della fervente bohème del primo dopoguerra, alla fine degli anni trenta parigi è una città in attesa. il presentimento della catastrofe pervade le lettere che beckett manda a dublino, appesantisce le anonime casse di legno in cui il direttore jaujard fa nascondere i capolavori del louvre, grava sulla scelta di picasso di trasferirsi a royan. è da qui, dall'angoscia di quei giorni, che agnès poirier sceglie di iniziare, perché per comprendere l'euforia della rinascita bisogna prima raccontare il dolore che la precedette. la parigi degli anni quaranta, infatti, è stata anche la parigi occupata e straziata, percorsa da profonde cicatrici: proprio come l'architettura della città, quegli eventi hanno influenzato per sempre il modo di pensare e agire di chi li ha vissuti. per i personaggi, tra i piú illuminati del tempo, che per nascita, caso o necessità si ritrovano nella ville lumière, la guerra è anche sprone alla riflessione e alla creazione. l'iconica rive gauche fa da sfondo alla tenace vivacità culturale del periodo con i suoi tanti luoghi emblematici. il café de flore e les deux magots, spazi frequentati per bere, discutere, fumare, lavorare da protagonisti dell'epoca come sartre e camus; l'hôtel la louisiane, con le sue grandi camere rotonde, in cui elessero dimora anche simone de beauvoir e juliette gréco; il numero 5 della rue saint-benoît, casa di duras e simbolo dell'impegno della sinistra intellettuale; la monumentale sorbona, la piú importante istituzione del sapere francese frequentata da studenti internazionali come mailer e seaver; le tabou, il jazz club seminterrato dove un irriverente vian suonava la tromba. molti di questi edifici esistono ancora, e mantengono piú o meno intatta l'aura magica di quel periodo.