Risguardo di copertina
scarciafratta è una macondo d'abruzzo. inerpicata tra i crinali dell'appennino, è un teatro di fantasmi e di visioni. un terribile terremoto, la cosa brutta, l'ha svuotata. le case sono ridotte a pietre che rotolano e si sfarinano, ma continuano a parlare. sulla rocca resiste per anni soltanto un uomo, mengo, seduto su un uscio sotto un cencio di luna insieme a sciambricò, un cane pastore di quindici anni dagli occhi chiari. scavando tra le macerie della scuola ha trovato i quaderni dei bambini, e anche un registro dell'ufficio anagrafe che un impiegato «sfastognato di timbri a bollo tondo e di certificati» aveva riempito di nomi, date, nascite, morti e sposalizi, di tutte le storie perdute del paese. alla fine della sua vita, per «ridare voce a quelli sommersi dalla morte», mengo le trascriverà una per una, a villa adriatica, la casa di riposo dove viene ricoverato. fino all'alba del 21 luglio 1969, quando neil armstrong e edwin aldrin sbarcano sulla luna, e lui termina di scrivere l'ultima lettera. proseguendo lungo il sentiero inaugurato da vita, morte e miracoli di bonfiglio liborio, in questo romanzo corale remo rapino continua a raccontarci tra risa e lacrime l'epopea degli ultimi, degli «spasulati» e dei folli della sua regione, e a restituire la dignità di un nome a chi è stato derubato anche della memoria.
Risguardo di copertina
dodici storie. la formazione di una squadra di calcio, ruolo per ruolo, più un allenatore. storie di provincia di quando il fubbàll aveva le ali, e i campi erano di terra e polvere, e i numeri sulle maglie andavano dall’1 all’11. storie tenere e allegre di gente che correva per non dover pensare al filo spinato che avvolgeva le giornate, un’umanità manovale e derelitta che aveva avuto tanti guai e qualche lampo di celebrità, e portava come bandiere le leggende di una volta: gigi meroni, gigi riva, nilton santos. con questo libro remo rapino compone un album di figurine di quelli delle ultime file: piccole biografie di calciatori non illustri e anonimi. giocatori tristi che non hanno vinto mai. una squadra di esclusi e di spasulati che non troverete in nessun campionato. eppure ad ascoltarne le voci sentirete tutto il canto di nostalgia per i debutti, le promesse mancate, gli infortuni e le altre imboscate della sorte, i rari colpi andati a segno, insomma per quel tempo in cui tra gli uomini c’era un rispetto, un trattarsi da pari a pari, qualunque fosse il loro stato. e proverete la speranza che questo tempo, dove si poteva giocarsela finché si aveva fiato, possa ancora tornare.
Risguardo di copertina
liborio bonfiglio è una "cocciamatte", il pazzo che tutti scherniscono e che si aggira strambo e irregolare sui lastroni di basalto di un paese che non viene mai nominato. eppure nella sua voce "sgarbugliata" il novecento torna a sfilare davanti ai nostri occhi con il ritmo travolgente e festoso di una processione con banda musicale al seguito. perché tutto in liborio si fa racconto, parola, capriola e ricordo: la scuola, l'apprendistato in una barberia, le case chiuse, la guerra e la resistenza, il lavoro in fabbrica, il sindacato, il manicomio, la solitudine della vecchiaia. a popolare la sua memoria, una galleria di personaggi indimenticabili: il maestro romeo cianfarra, donn'assunta la maitressa, l'amore di gioventù teresa giordani, gli amici operai della ducati, il dottore alvise mattolini, teté e la sordicchia... dal 1926, anno in cui viene al mondo, al 2010, anno in cui si appresta a uscire di scena, liborio celebrerà, in una cronaca esilarante e malinconica di fallimenti e rivincite, il carnevale di questo secolo, i suoi segni neri, ma anche tutta la sua follia e il suo coraggio.proposto per il premio strega 2020 da maria ida gaeta: «è un libro non collocabile facilmente né per generazione né per lingua in un contesto già noto della narrativa italiana. è un libro che sorprende per la scatenata vitalità e autenticità della lingua. è un libro che poggia sapientemente su una grande tradizione ed è popolare. sta dalla parte dei matti, degli idioti, fuori dai margini, dove spesso sta la letteratura o comunque dove la letteratura sa stare. un libro in cui un "cocciamatte" di paese, un uomo che non ha mai conosciuto il padre e che ha perso la madre da ragazzino, ormai anziano, solo, racconta in prima persona la sua vita e nel farlo riattraversa buona parte del novecento. con un linguaggio gergale e personalissimo, intriso di dialetto abruzzese, scorrono le vicende di una esistenza segnata da una infanzia e una giovinezza povere , il servizio militare in friuli, il ritorno a casa, di nuovo la ripartenza per cercare lavoro al nord, il lavoro in fabbrica, lo sfruttamento e la scoperta della politica, il legame e la solidarietà con gli altri emarginati, la disillusione e la fine dei sogni di riscatto, il carcere e il manicomio, fino al definitivo ritorno al paese dove viene accolto come “cocciamatte” e da questa condizione si mette a scrivere, a più di ottanta anni e prima di morire. e scrive con grandissima umanità, commuovendo e divertendo i lettori. è un romanzo che ha una voce. le vicende narrate e lo stile della scrittura sono il personaggio stesso, coincidono. il matto liborio con la sua vita sconquassata, con il suo parlato /scritto, con i suoi amici e i suoi nemici, con la solitudine che lo avvolge, si fa ascoltare e ci conquista.»