Risguardo di copertina
"c'è una grande differenza fra me e anna frank. io sono sopravvissuta" - questo è il bilancio di masha rolnikaite. il suo diario, che prende avvio nel 1941, è stato scritto su fogli volanti, mandato a memoria, annotato su sacchi di cemento, copiato su minuscole striscioline poi nascoste in una bottiglia - e infine trasferito, nella primavera del 1945, su carta. all'inizio, masha è una bambina di tredici anni che assiste allo smantellamento della vilna ebraica - la "gerusalemme dell'europa orientale" - e annota ogni cosa, sinché la madre, ritenendo troppo pericoloso anche solo registrare ciò che accade, glielo vieta. del resto, a masha e agli altri come lei sarà vietato tutto - tranne l'esecuzione di lavori sempre più brutali e avvilenti. acquaiola in un'azienda agricola, spaccapietre nel lager, bestia da soma in una tenuta della pomerania, masha non sembra tuttavia poter smettere di osservare, e raccontare, l'odio senza fine dei carnefici, la metamorfosi di civilissimi vicini di casa in spietati collaborazionisti, le connivenze e le ambiguità del consiglio ebraico, insomma ogni anello di quella catena di orrori che, per rassicurarci, pretendiamo di conoscere bene, ma che libri come questo ci costringono invece a ripercorrere, impietriti, come per la prima volta.pubblicato per la prima volta nel 1963 nella traduzione lituana procurata dalla stessa autrice, il diario apparve in versione integrale solo nel 2002 in lingua tedesca.