Risguardo di copertina
L’archetipo della «principessa triste» è da far risalire, forse, a Elisabetta d’Austria. L’imperatrice, passata al secolo con il nomignolo di «Sissi», ha sempre rispecchiato, infatti, nell’immaginario collettivo, l’ideale della «principessa del popolo», insofferentedi fronte alla rigida etichetta di corte, e con un animo sensibile ma tormentato, che trovava pace solo a contatto con il mondo esterno, nell’affetto dei suoi sudditi e nei suoi viaggi. Il suo destino ha anticipato quello di tante altre principesse moderne: Grace Kelly, Lady Diana, Charlène di Monaco e Masako del Giappone, solo per citarne alcune. Teste coronate scelte dal destino al di là dei loro stessi desideri; ragazze che sognavano la libertà, ingannate invece dalle allettanti promesse della regalità e di un matrimonio da sogno. Sissi, oltre a essere ricordata per la sua bellezza e per il culto della forma fisica, divenne anche simbolo di un impero glorioso, quello asburgico, sull’orlo della decadenza. La sua parabola amara, la sua depressione e la sua morte violenta proiettano questa donna in una dimensione di modernità in cui il limite fra mito e storia sfuma nella leggenda.